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Correlazioni in Medicina



La durata del complesso QRS in un elettrocardiogramma a riposo è un predittore di morte cardiaca improvvisa negli uomini


Precedenti studi hanno indicato che una maggiore durata del complesso QRS nel tracciato ECG è correlata al rischio di morte per tutte le cause.
Tuttavia, l'associazione tra durata del QRS con il rischio di morte cardiaca improvvisa non è ben documentata in grandi studi di popolazione.

Uno studio prospettico ha esaminato la relazione tra durata del QRS con la morte cardiaca improvvisa in un campione basato su una popolazione di uomini.

Lo studio si è basato su una coorte di 2049 uomini di età compresa tra 42 e 60 anni al basale, con un follow-up di 19 anni, nel corso del quale si sono verificati in totale 156 casi di morte cardiaca improvvisa.

Come variabile continua, ogni aumento di 10 ms di durata del QRS è stato associato a un rischio più alto del 27% di morte cardiaca improvvisa ( rischio relativo, RR=1.27; P minore di 0.001 ).

I soggetti con durata del QRS maggiore di 110 ms ( quintile più alto ) avevano un rischio di morte cardiaca improvvisa più alto di 2.50 volte ( RR=2.50; P=0.002 ) rispetto ai soggetti con durata del QRS minore di 96 ms ( quintile più basso ), dopo aggiustamento per fattori chiave di rischio demografici e clinici ( età, consumo di alcol, precedente infarto miocardico, fumo, colesterolo LDL e HDL, proteina C-reattiva, diabete mellito di tipo 2, indice di massa corporea, pressione arteriosa sistolica e fitness cardiorespiratoria ).

Oltre alla durata del QRS, fumo, precedente infarto miocardico, diabete mellito di tipo 2, fitness cardiorespiratorio, indice di massa corporea, pressione arteriosa sistolica e proteina C-reattiva sono risultati indipendentemente associati al rischio di morte cardiaca improvvisa.

In conclusione, la durata del complesso QRS è un predittore indipendente del rischio di morte cardiaca improvvisa e può essere utile nella stima del rischio di morte cardiaca improvvisa nella popolazione generale. ( Xagena2012 )

Kurl S et al, Circulation 2012; 125: 2588-2594

Cardio2012


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